Ricordo di un Partigiano: Mefisto, Mario Bonfigli
Dissi: “Butta via queste bombe a mano che non servono a niente”. Rispose: “A qualcosa serviranno e ricordati che dobbiamo difenderci fino all’ultimo”.
Questa lezione di etica militare e umana me la dava Mario Bonfigli, nell’ottobre ’43, in vista di un rastrellamento fascista che poi, fortunatamente, non ci fu.
Con lui, Ilvano Rasimelli e pochi altri, eravamo rifugiati in una capanna vicino a Preggio, nella proprietà Biagiotti, per sfuggire ai richiami e alle ricerche del ricostituito regime fascista.
Speravamo in un sollecito arrivo degli alleati per unirci a loro e proseguire la guerra di Liberazione, ma già, vista la lentezza dell’avanzata, nasceva l’idea di costituire formazioni Partigiane per attaccare il nemico e le sue vie di comunicazione.
L’approdo di Mario tra noi era stato fra i più avventurosi: ufficiale pilota, subito dopo l’8 settembre era salito sul suo aereo dirigendosi a sud per sottrarsi ai tedeschi e mettersi a disposizione del legittimo governo italiano.
Era stato costretto ad un atterraggio di fortuna vicino al lago Trasimeno e qualcuno l’aveva indirizzato verso la zona di Preggio.
A novembre, se ricordo bene, il nostro gruppo si sciolse e persi i contatti con lui. Poi seppi che era stato avvicinato da Bonuccio Bonucci, vecchio antifascista liberale e che con lui ed altri aveva dato vita alla brigata Partigiana “San Faustino proletaria d’urto” operante nella zona fra Pietralunga, l’Alta Valle del Tevere e Cagli, brigata che guidava in azioni contro tedeschi e fascisti e a sollievo della popolazione locale, giungendo a costituire la “zona libera di Pietralunga”.
Nella brigata si era infiltrata una spia che provocò l’arresto di Bonuccio Bonucci, dell’avv. Gaetano Salciarini, democristiano di Gubbio e di altri fiancheggiatori e collaboratori dei partigiani. La spia rivelò ai fascisti la vera identità di “Mefisto”, il nome di battaglia scelto da Mario e Mario stesso, sceso in missione a Perugia, riuscì a sfuggire all’arresto solo per il suo coraggio e la velocità delle sue gambe.
Non riuscì ad evitare però gravi e dolorose rappresaglie sulla sua famiglia che risiedeva a Bologna, cioè in zona occupata dai nazifascisti.
Poche parole ancora per ricordarlo come presidente regionale dell’ANPI molto attivo, malgrado l’età, rispettoso dei diversi orientamenti ideali degli ex partigiani e comunque superiore a tendenze partitiche, tenace difensore della Costituzione, ha veramente lasciato un vuoto difficile da colmare.
Francesco Innamorati Presidente ANPI Provinciale PerugiaAnticipazione del periodico dello SPI “Generazioni”